DONNE E LAVORO
Considerazioni finali L'introduzione del lavoro atipico e del principio della flessibilità nel mondo del lavoro italiano è stata un'importante
Considerazioni finali
L'introduzione del lavoro
atipico e del principio della flessibilità nel mondo del lavoro
italiano è stata un'importante riforma, che non solo risponde
alla crisi occupazionale in atto nel nostro Paese dal 1992, ma che soprattutto
tende a creare un contesto normativo più adeguato alle continue
modifiche del panorama economico, finanziario e produttivo nazionale
ed internazionale. Norme, in sostanza, che hanno dato una "verniciata"
d'Europa ad una situazione soffocante e sclerotizzata, quale era quella
dell'occupazione italiana. Ma questo comunque non può essere
uno strumento risolutivo.
La crisi occupazionale è rivelatrice di un importante dato di
fatto: il sistema economico italiano non è in grado di produrre
ricchezza. Una nuova legislazione sul lavoro non è in grado da
sola di modificare questo stato dei fatti. E', bensì, un presupposto
ed uno strumento.
Un impiego a tempo determinato in Italia non rappresenta un'opportunità,
poiché allo scadere del contratto, la ricerca di un nuovo posto
di lavoro sarà lunga e motivo di grande frustrazione. In altri
Paesi, la flessibilità non è la "statuizione"
dell'impossibilità di assicurare un "posto fisso",
bensì la possibilità di accrescere le proprie competenze
professionali, lavorando in diversi settori. E' un'opportunità.
Opportunità che, purtroppo, in Italia ancora mancano soprattutto
per le qualifiche più elevate, penalizzando fortemente i giovani
e le donne.
Il lavoro atipico non consente l'ingresso nella vita adulta, dal momento
che non assicura entrate e garanzie sufficienti per stipulare un contratto
di affitto o di acquisto di una casa. Tantomeno di formarsi una famiglia.
I giovani italiani restano a casa più a lungo e le donne italiane
hanno il più basso tasso di natalità nel mondo: qualcuno
si è mai chiesto se l'impossibilità di trovare un'occupazione
o più occupazioni nel tempo non abbiano un peso rilevante in
tutto ciò? Lavorare un anno o sei mesi, e rimanere a casa per
tre o più mesi non può certo spingere un ragazzo o una
ragazza a lasciare la famiglia, sebbene abbia di gran lunga superato
i 25 anni.
Si parla di flessibilità e lavoro atipico come carta vincente
per combattere la disoccupazione femminile. Ma, non è così,
non solo per i motivi sopra elencati.
Attraverso il ricorso a queste forme contrattuali, le donne continuano
ad essere una presenza evanescente nel mercato occupazionale, lontana
dai luoghi di decisione e dalle "alte sfere". All'interno
di una famiglia, la donna è colei che più frequentemente
ricorre al lavoro atipico per poter dedicare più tempo al lavoro
di cura (figli, marito e anziani), sminuendo così la propria
capacità professionale, rinunciando alle proprie aspirazioni,
riducendo il proprio contributo economico e di conseguenza la propria
indipendenza.
Insomma, nella nostra società, la flessibilità piuttosto
che favorire l'occupazione femminile, rafforza la divisione dei ruoli
secondo l'appartenenza di genere e continua ad allontanare le donne
dalla "sfera pubblica", perché svolgano a tempo pieno
il "lavoro" di mamma e moglie.
Un controsenso questo anche più evidente se si considera che
le donne italiane sono più istruite e più competenti,
sono anche più disoccupate ed assenti quasi in totale dai luoghi
decisionali.
Per concludere, ben venga la possibilità di lavorare in modo diverso .purché di lavoro si tratti!