DONNE E LAVORO
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10 Ottobre 2009 amministratore

DONNE E LAVORO

Considerazioni finali L'introduzione del lavoro atipico e del principio della flessibilità nel mondo del lavoro italiano è stata un'importante

Considerazioni finali

L'introduzione del lavoro atipico e del principio della flessibilità nel mondo del lavoro italiano è stata un'importante riforma, che non solo risponde alla crisi occupazionale in atto nel nostro Paese dal 1992, ma che soprattutto tende a creare un contesto normativo più adeguato alle continue modifiche del panorama economico, finanziario e produttivo nazionale ed internazionale. Norme, in sostanza, che hanno dato una "verniciata" d'Europa ad una situazione soffocante e sclerotizzata, quale era quella dell'occupazione italiana. Ma questo comunque non può essere uno strumento risolutivo.
La crisi occupazionale è rivelatrice di un importante dato di fatto: il sistema economico italiano non è in grado di produrre ricchezza. Una nuova legislazione sul lavoro non è in grado da sola di modificare questo stato dei fatti. E', bensì, un presupposto ed uno strumento.
Un impiego a tempo determinato in Italia non rappresenta un'opportunità, poiché allo scadere del contratto, la ricerca di un nuovo posto di lavoro sarà lunga e motivo di grande frustrazione. In altri Paesi, la flessibilità non è la "statuizione" dell'impossibilità di assicurare un "posto fisso", bensì la possibilità di accrescere le proprie competenze professionali, lavorando in diversi settori. E' un'opportunità. Opportunità che, purtroppo, in Italia ancora mancano soprattutto per le qualifiche più elevate, penalizzando fortemente i giovani e le donne.
Il lavoro atipico non consente l'ingresso nella vita adulta, dal momento che non assicura entrate e garanzie sufficienti per stipulare un contratto di affitto o di acquisto di una casa. Tantomeno di formarsi una famiglia.
I giovani italiani restano a casa più a lungo e le donne italiane hanno il più basso tasso di natalità nel mondo: qualcuno si è mai chiesto se l'impossibilità di trovare un'occupazione o più occupazioni nel tempo non abbiano un peso rilevante in tutto ciò? Lavorare un anno o sei mesi, e rimanere a casa per tre o più mesi non può certo spingere un ragazzo o una ragazza a lasciare la famiglia, sebbene abbia di gran lunga superato i 25 anni.
Si parla di flessibilità e lavoro atipico come carta vincente per combattere la disoccupazione femminile. Ma, non è così, non solo per i motivi sopra elencati.
Attraverso il ricorso a queste forme contrattuali, le donne continuano ad essere una presenza evanescente nel mercato occupazionale, lontana dai luoghi di decisione e dalle "alte sfere". All'interno di una famiglia, la donna è colei che più frequentemente ricorre al lavoro atipico per poter dedicare più tempo al lavoro di cura (figli, marito e anziani), sminuendo così la propria capacità professionale, rinunciando alle proprie aspirazioni, riducendo il proprio contributo economico e di conseguenza la propria indipendenza.
Insomma, nella nostra società, la flessibilità piuttosto che favorire l'occupazione femminile, rafforza la divisione dei ruoli secondo l'appartenenza di genere e continua ad allontanare le donne dalla "sfera pubblica", perché svolgano a tempo pieno il "lavoro" di mamma e moglie.
Un controsenso questo anche più evidente se si considera che le donne italiane sono più istruite e più competenti, sono anche più disoccupate ed assenti quasi in totale dai luoghi decisionali.

Per concludere, ben venga la possibilità di lavorare in modo diverso….purché di lavoro si tratti!

 

 

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