Il Matrimonio durante il Settecento
Matrimonio Nel XVIII secolo, i riti nuziali erano dettati sia dalle convenienze sociali, sia dalle usanze, con predominanza dell'uno o dell'altro a seconda che si trattasse
Matrimonio
Nel XVIII secolo, i riti nuziali erano dettati sia dalle convenienze
sociali, sia dalle usanze, con predominanza dell'uno o dell'altro a
seconda che si trattasse di matrimoni aristocratici o popolari. Di solito, le unioni tra due grandi famiglie erano celebrate con una
festa in casa, in cui si sfoggiavano il più grande lusso di sete,
spade, gioielli, nel salone più grande del palazzo. Da un testo
dell'epoca sappiamo che la sposa appariva, vestita con un abito di broccato
d'argento, con il petto ricoperto di pizzi e gioielli, dando la mano
al maestro di cerimonia, che era vestito di nero, con le spalle coperte
da un mantello di damasco dal collo ampio. La sposa si inginocchiava
su un cuscinetto di velluto per ricevere la benedizione del padre, della
madre e dei parenti più vicini, poi, condotta al centro della
sala dal maestro di cerimonia, poggiava la sua mano in quella del suo
futuro marito, e il sacerdote dava loro la sua benedizione. Gli sposi
si scambiavano un bacio e l'orchestra iniziava a suonare. La sposa apriva
le danze, che sarebbero durate fino a tarda notte, ballando da sola.
In Sicilia, terra in cui le tradizioni pagane erano ancora molto radicate,
nel Settecento, il rituale del fidanzamento e delle nozze contadine,
ricordava quello dei tempi antichi.
In genere, le ragazze nobili andavano in spose all'uscita dal convento,
assecondando la scelta, spesso avvenuta da tempo, compiuta dai genitori.
A Venezia, il giovane, una volta che il matrimonio era stato deciso,
passava sempre, ad un'ora convenuta, sotto le finestre della sua promessa,
che doveva rispondere con un saluto. Il futuro sposo, era inoltre tenuto
ad offrirle un diamante, che era chiamato il ricordino. Prima della
benedizione nuziale, la madre dello sposo donava alla giovane donna
un filo di perle, che la sposa doveva portare sempre, fino alla fine
del primo anno di matrimonio.
Nel corso del secolo, le consuetudini mutarono leggermente. Le dame,
invitate alla cerimonia, indossavano un vestito che poi sostituivano
per il ricevimento. Il primo era sempre di seta nera ornato di pizzo,
e il secondo invece era colorato. Anche la sposa si cambiava, e rimpiazzava,
con gioielli, gli ornamenti di perle che aveva usato con l'abito bianco.
A Venezia gli sposi mettevano a disposizione degli invitati un centinaio
di gondole, con i barcaioli vestiti con l'abito da cerimonia e lo stesso
sfarzo dei costumi accompagnava anche i riti funebri, in cui i partecipanti
non cessavano di fare sfoggio di eleganza e ricchezza.
Erano solitamente le madri di ragazzi a scegliere le spose tra le giovani
del villaggio. La scelta veniva espressa in vari modi, di cui uno era
il far cadere una spazzola, all'alba, sulla porta della prescelta. La
giovane doveva raccogliere la spazzola ed aspettare, a mezzogiorno,
la visita preannunciata. La futura suocera legava quindi i capelli della
ragazza con un nastro, simbolo del fidanzamento. Il tutto era accompagnato
dalla distribuzione di ceci, mandorle, noci e fave abbrustolite.
Il giorno delle nozze, poi, un corteo andava a prendere la fidanzata,
cantando un epitalamio(Componimento poetico in onore degli sposi). Il padre dello sposo entrava quindi da solo,
faceva un complimento alla giovane e la portava per mano, vestita in
abito cerimoniale, allo sposo, che la attendeva sulla porta. Dall'alto
sui due venivano sparsi pane e sale, come augurio di fecondità
e ricchezza. La suocera della sposa poneva, quindi, un biscotto di pasta
fine sull'occhiello dell'abito della ragazza, fissandolo con dei nastrini,
in simbolo del nutrimento, che la ragazza avrebbe sempre dovuto ricevere
dallo sposo. In chiesa, era il prete ad infilare gli anelli agli sposi,
d'oro per lui e d'argento per lei, dopo averli scambiati tra loro per
tre volte. Anche le corone d'alloro, di olivo, di rosmarino e di fiori,
che il sacerdote posizionava sulla testa degli sposi, erano scambiate
per tre volte, e poi ricoperte da un velo di garza bianca. Gli sposi
si tenevano per il mignolo della stessa mano e reggevano una candela
accesa. Il banchetto veniva consumato nella chiesa stessa, ed il sacerdote
spezzava il pane, lo inzuppava nel vino e ne dava tre pezzetti agli
sposi, poi rompeva il bicchiere, per dimostrare quanto fosse fragile
la felicità. Dopodiché gli sposi, gli invitati ed il sacerdote,
tenendosi per mano, giravano tre volte intorno al tavolo, danzando e
poi, cantando in corteo, tutti si dirigevano a casa dello sposo. Alla
fine del banchetto, veniva messo in tavola un piatto in cui gli invitati
lasciavano i doni per gli sposi.