La vita quotidiana durante il Rinascimento (XIV-XVI sec.)
cultura
10 Ottobre 2009 amministratore

La vita quotidiana durante il Rinascimento (XIV-XVI sec.)

La figura della madre Anche il periodo successivo al Medioevo, conosciuto come Rinascimento, celebrato da letterati e artisti come l'epoca della "rinascita", dopo le catene imposte

La figura della madre

Anche il periodo successivo al Medioevo, conosciuto come Rinascimento, celebrato da letterati e artisti come l'epoca della "rinascita", dopo le catene imposte al pensiero dal Medioevo, non vede, nei ceti sociali medio-bassi, la figura della donna rivalutata.

Se nei ceti sociali alti la donna può cominciare a godere di un minimo di autonomia confermata dalla possibilità di studiare e di condurre una vita più autonoma, sempre nei limiti imposti dalla morale comune, nei ceti più bassi la sua condizione è sempre di netta subordinazione alla figura maschile.

Domestica che serve il pranzo con bambini che mangiano separati dai genitori.
Raffaello, Madonna con il Bambino e San Giovannino (Firenze, Galleria Palatina, Palazzo Pitti)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Infatti è considerata sempre e solo in relazione al suo rapporto con un uomo, ella è figlia, sorella moglie e madre. Il matrimonio è la tappa culminante nella vita di una ragazza, e per raggiungere tale scopo non esita ad andare a lavorare lontano dalla sua famiglia di origine, magari al servizio di una famiglia benestante, pur di mettere insieme la dote elemento necessario, in tutti ceti sociali, per contrarre il matrimonio.

Il lavoro femminile si diffonde rapidamente, anche se non è accompagnato dall'aumento di autonomia, infatti una donna lavora prima di contrarre matrimonio, ma raramente dopo, a meno che la famiglia non versi in condizioni economiche disperate, e anche in questo caso non è lei a gestire il guadagno del suo lavoro, ma il marito.

Lo scopo del matrimonio è ovviamente, anche in questo periodo, la procreazione. E' opinione generale degli studiosi, che con presupposti igienico - sanitari così precari, la maternità fosse una condizione negativa. Nonostante ciò, nessuna donna vuole sottrarsi a questo compito che il più delle volte mette in pericolo la sua stessa vita oltre a quella del nascituro.

Donna appartenente alla nobiltà con figlioletto

Il padre, in linea di massima, non ha con il bambino nessun tipo di rapporto, tantomeno di natura affettiva. Le cure del piccolo sono demandate esclusivamente alla madre, che nei ceti sociali più alti ricorre alla balia.

La nascita di bambini deformi o la loro morte prematura continua ad essere interpretata come un castigo per la madre che si è macchiata di chissà quali colpe segrete, la cui esistenza viene svelata proprio dall'incapacità di generare un figlio sano o forte abbastanza da sopravvivere.

Sappiamo benissimo che la mortalità infantile è sempre stata altissima fino agli inizi del nostro secolo, a causa delle cattive condizioni igieniche in cui vivevano questi nuclei familiari molto numerosi, delle malattie impossibili da sconfiggere, dalla cattiva nutrizione. Per le conoscenze dell'epoca, ovviamente, tutte queste cognizioni igienico - sanitarie erano impensabili, per cui la colpa della morte di tanti bambini, ricadeva su coloro a cui erano affidati, cioè sulle madri.

La maternità, quindi, era considerata ancora come la funzione principale delle donne, ma anche come un mezzo per operare su di loro un controllo costante, il ruolo della madre, con risvolti sacri, come era inteso nel medioevo, perde di importanza, alle donne non resta che rassegnarsi a ricoprire un ruolo subordinato di moglie al servizio della procreazione.

L'età Moderna

La buona madre (Norimberga, Museo Nazionale)

Anche nell'età moderna, la donna è essenzialmente sposa e madre, ed ha per questo dei doveri ben precisi che non può trascurare: fare figli ed allattarli.

Se nelle epoche precedenti la vita monastica, o comunque votata alla religione e alla castità, appariva desiderabile al pari dell'essere una buona madre, nel secolo dei lumi ('700 o illuminismo), fortemente anticlericale, la negazione forzata di quello che è la naturale funzione della donna, cioè la procreazione, diventa inopportuna.

 

Luis Binet, Famiglia numerosa (Parigi, Biblioteca Nazionale)

Difficilmente si concepisce una donna che non sia sposata e che non abbia figli, questa visione ristretta dei compiti femminili, perennemente incentrati sulla cura dei figli e del marito, della casa e dei vari doveri ad essa connessi, determina una sorta di schiavitù domestica a cui è difficile sfuggire, e fa della maternità una funzione sociale in cui la donna trova la sua unica dimensione.

Questa visione delle incombenze femminili piuttosto angusta, nonostante il periodo di grande respiro intellettuale, quale è stato l'Illuminismo, ci offre un'ulteriore conferma che la donna è confinata entro limiti invalicabili in cui l'esaltazione del ruolo di genitrice è solo un mezzo per evitare che ella si occupi di questioni per le quali il suo intelletto non è ritenuto adatto.

 

Intellettuale illuminista nel suo studio (Stoccolma, Museo Nazionale)

Nonostante tutto, però, alcune fanciulle, di buona famiglia vivono una condizione personale più felice, e se nei ceti medio - bassi la donna è ancora considerata per la sua capacità generativa, negli ambienti nobili, più illuminati, conquista più autonomia, infatti si moltiplicano le donne intellettuali e non è raro incontrare ereditiere che fanno dei loro salotti dei centri di cultura alla moda.

 

 

 

 

 

 

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