PREISTORIA E CIVILTA' PREROMANE
cultura
10 Ottobre 2009 amministratore

PREISTORIA E CIVILTA' PREROMANE

Magna Grecia
Con questo nome, sulla cui origine molto si è discusso, s'indica l'Italia meridionale greca. Secondo alcuni studiosi il nome di Megále Ellás (Magna Graecia) sorse, già a partire dal sec. VIII, in contrappunto a quello di Ellás, che in età arcaica indicava la Grecia con esclusione del Peloponneso. Secondo altri autori l'espressione si affermò in connessione col diffondersi del pitagorismo quasi a rimarcare la prosperità e la bellezza della regione rispetto alla Grecia vera e propria, piuttosto angusta e avara di prodotti del suolo, da cui erano venuti o discendevano gli abitanti delle varie città, chiamati col tempo Italioti. L'insediamento dei coloni greci nella Magna Grecia ebbe luogo in due fasi. La prima, in ordine sparso e a opera di gruppi di Achei, avvenne in età arcaica, tra i sec. XV e XIV a. C., e il ricordo sopravvisse nei racconti degli avventurosi viaggi verso l'Occidente favoloso (ciclo troiano). Quel remoto flusso migratorio si interruppe verso il sec. XII a. C., forse in conseguenza dell'invasione dorica della Grecia che sospinse gli Achei verso l'Asia Minore. Ma il flusso, e ora in forme più regolari e massicce, riprese nel sec. VIII a. C. o per effetto dei rapidi incrementi demografici nelle città greche di provenienza, o per contrasti scoppiati in esse, o per le attività commerciali, e si sviluppò specialmente in alcune direzioni: i Calcidesi verso la Carnpania e lo stretto di Messina (Cuma, Velia, Reggio), i Dori nella Sicilia (Siracusa, Agrigento), gli Achei del Peloponneso verso la costa calabra (Sibari, Crotone, Metaponto), gli Spartani verso il golfo di Taranto. Gli antichi empori divennero vere e proprie colonie grazie a un'agricoltura che si fece prospera nelle piane dell'entroterra e lungo i corsi d'acqua. Le antiche popolazioni locali, varie per stirpe e linguaggio, furono sottomesse o assimilate o ricacciate verso l'interno. Lo sviluppo urbanistico fu rapido con l'affermazione di alcune città dalle piante regolari, che operarono concentrazioni territoriali dandosi costituzioni anche più evolute di quelle della madrepatria, arricchendosi di templi fastosi, di cui rimangono oggi resti (Posidonia, Selinunte, Segesta, Agrigento), creando attive scuole filosofiche (quella di Parmenide a Velia e il pitagorismo a Crotone) e diffondendo l'alfabeto tra gli Italici. Il massimo splendore si ebbe tra i sec. VI e V a.C.: le emissioni monetarie in oro, argento e bronzo del tempo testimoniano il grado di prosperità. Gli apporti degli indigeni diedero poi una particolare fisionomia alle espressioni dell'arte locale. Operate le concentrazioni locali, con fondazione di numerose nuove città, non mancarono tentativi di sopraffazione delle une a danno delle altre, ripetendo gli errori che erano stati fatali alle città greche di provenienza: nel 540 a. C. Siris sulla costa lucana fu distrutta da una coalizione achea e la stessa sorte toccò nel 510 a Sibari rasa al suolo dai Crotoniati. Vi furono però anche seri tentativi di concentrazioni politiche ad ampio raggio, con le guerre contro i Cartaginesi in Sicilia e contro le popolazioni osche in discesa dall'Appennino nell'Italia meridionale sotto la spinta, in particolare nel sec. VI-V a. C., di tiranni locali. Gelone di Siracusa nel 480 sconfisse, assieme a Terone di Agrigento, i Cartaginesi a Imera, ponendo le premesse di una rapida espansione siracusana che provocò in seguito l'intervento di Atene in appoggio a Leontini: la spedizione ateniese si risolse in un disastro (413 a.C.), ma anche Siracusa ne uscì indebolita nella lotta con Cartagine e solo il tiranno Dionisio I riuscì a ripristinare, nella prima metà del sec. IV a.C., la sua egemonia in quasi tutta la Sicilia e nella stessa Calabria con la presa di Reggio e di Crotone. Taranto aveva raggiunto nelle contese locali un alto grado di potenza, ma nella seconda metà del sec. IV a. C. fu costretta a richiedere a più riprese aiuto a Sparta per difendersi dalla pressione delle popolazioni italiche, e successivamente a far intervenire Pirro per tener testa a Roma finendo, nel 272 a. C., con tutta l'Italia meridionale, sotto il dominio romano dopo il rientro di Pirro in Grecia. Nel contrasto che seguì tra Roma e Cartagine durante la prima e la seconda guerra punica, anche la Sicilia cadde sotto il dominio di Roma (Siracusa fu espugnata da Marcello nel 212 a. C.), diventando, con la sua economia agricola a intensa produzione, granaio di Roma. Le vicende connesse con la spedizione di Pirro prima e con le guerre puniche poi, provocarono una generale decadenza della Magna Grecia, che però continuò ad avere grande influsso sul piano culturale e religioso, specialmente con l'immigrazione a Roma di suoi elementi. Uno schiavo di Taranto fu il primo poeta romano, Livio Andronico, e dell'Italia meridionale erano originari altri poeti della prima letteratura latina. La Magna Grecia, anche se aveva perduto la sua autonomia politica, continuò così nella sua funzione di diffusione in Occidente della civiltà ellenica. La presenza greca lasciò tracce indelebili nell'Italia meridionale e in Sicilia. L'arte della Magna Grecia si sviluppò sulle forme della madrepatria anche se, come nella vicina Sicilia, fu caratterizzata da elementi locali, in maniera anche diversa nelle singole località.

 

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