La rivoluzione nella danza: “Le Sacre du Printemps” (seconda parte)
cultura
10 Ottobre 2009 amministratore

La rivoluzione nella danza: “Le Sacre du Printemps” (seconda parte)

Dopo la prima, che si svolse a Parigi, Roerich tornò in Russia, e perse i contatti con Stravinskij. Possiamo forse ipotizzare che Roerich rimase colpito dal risultato della coreografia dura e disarmonica

Dopo la prima, che si svolse a Parigi, Roerich tornò in Russia, e perse i contatti con Stravinskij. Possiamo forse ipotizzare che Roerich rimase colpito dal risultato della coreografia dura e disarmonica realizzata da Nizinskij, che così poco si addiceva ai canoni di bellezza e armonia a cui sappiamo che aspirasse il pittore, e che questo lo fece allontanare dal progetto. Anche se sappiamo che Roerich partecipò spesse volte alle prove del balletto, illustrando al coreografo le sue conoscenze sui riti primitivi e probabilmente collaborando alla realizzazione della stessa coreografia.
La coreografia ideata da Nizinskij, che stava cercando di proporre un nuovo linguaggio, che nulla aveva a che fare con la tecnica del balletto, era incentrata da una serie di posture del corpo opposte a quelle codificata dalla tecnica accademica: la rotazione in dentro dei piedi, combinata alla flessione delle ginocchia è una di queste. La flessione di ginocchia e caviglie è poi estesa alle braccia e ai polsi, con uno spezzettamento di tutti i segmenti del corpo. La colonna vertebrale si arrotonda, trascinando con sé le spalle in una posizione curva. Il corpo si trova in una posizione di chiusura e mortificazione.
Molti spettatori reagirono alla prima del Sacre ridendo. Sappiamo infatti che la rottura delle armonie del corpo è una delle cause scatenanti del riso: dà la sensazione della perdita di controllo (“come se il corpo avesse preso il sopravvento sull’anima” pag. 49) a causa della rigidità, o della ripetitività dei gesti.
Nizinskij voleva mostrare movimenti nuovi, mai usati prima da un coreografo.
Chiese ai danzatori di realizzare salti “pesanti”, con dolorose ricadute a terra a ginocchia tese, invece che piegate.
Come nei costumi e nella scenografia, il tema del cerchio era particolarmente utilizzato anche nella danza che voleva riproporre l’idea di un antico rituale, legato alla terra
Il coreografo partiva dal singolo danzatore, e da una posizione base, per poi moltiplicare questa cellula in una struttura complessa che coinvolgesse un corpo di ballo di 46 ballerini, formando una coreografia dominata dalle geometrie e dei gruppi e dell’azione di massa, assegnando a ciascuno un movimento diverso dall’altro. L’impressione, leggendo le recensioni del balletto dell’epoca, è quella di una critica disorientata, colta di sorpresa dalla novità di questa opera e dunque impreparata a coglierne i significati meno leggibili.

 

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