Danza al femminile nel Novecento
Grande parte della danza del Novecento è al femminile. Specie nell’ambito della creatività, la danza teatrale del nostro tempo da decenni ci racconta segreti, più o meno riposti, dell’animo femminile: speranze, angosce, sogni, proiezioni, desideri e aspirazioni.
Grande parte della danza del Novecento è al femminile. Specie nell’ambito della creatività, la danza teatrale del nostro tempo da decenni ci racconta segreti, più o meno riposti, dell’animo femminile: speranze, angosce, sogni, proiezioni, desideri e aspirazioni. Da Mary Wigman, profetessa della Ausdruketanz (danza d’espressione) tedesca, a Dore Hoyer, dall’allora esordiente Pina Bausch a Carolyn Carlson, la danza del nostro secolo è percorsa da ritratti di donna, da approfondimenti danzati delle vortici mentali ed emotivi del femminile del nostro tempo.
Susan Linke in particolare ha perseguito negli anni un suo singolare e coraggioso progetto del movimento: un ritratto di donna “nudo e crudo”, in cui l’anima si rispecchia, spoglia, autentica, di fronte allo spettatore.
Carolyn Carlson, passata dalle esperienze americane dell’apprendistato all’alta scuola di Alwin Nikolais, all’esperimento di un incrocio del “modern” sul ceppo della nobile tradizione parigina, ha proposto, fra l’altro, l’interessantissimo spettacolo “Undici onde” a Venezia che ha rappresentato una più ampia meditazione in termini coreografici delle sorti ultime dell’uomo. Nello spettacolo l’acqua assume anche uno spessore ritmico (il rintocco funebre di gocce che cadono, la potenza corrosiva del tempo che assume singolarmente un’essenza liquida): sulla tematica della brutalità dell’animo umano la Carlson ha costruito lavoro prezioso ed eccellente.