10 Ottobre 2009
amministratore
Il linguaggio e i suoi quattro usi
Il linguaggio e i suoi quattro usi Gli esseri umani non possono formare una comunità o condurre una vita di gruppo senza comunicare gli uni con gli altri.
Gli esseri umani non possono formare una comunità o condurre una vita di gruppo senza comunicare gli uni con gli altri. Senza comunicazione non vi può essere comunità e non vi può essere scambio fra una mente umana e un'altra, né possibilità di entrare in contatto fra un'intelligenza e un'altra.
Il contatto fra individui nasce sempre dal pensiero ma benché a volte si concretizzi sul piano fisico con l'espressione del viso, con dei semplici gesti, con un grido o altri segnali del corpo, il veicolo privilegiato, più efficace e più inclusivo, rimane sempre il linguaggio nei suoi quattro usi:
- lo scrivere
- il leggere
- il parlare
- l'ascoltare
Possiamo suddividere i quattro usi del linguaggio in due coppie parallele: lo scrivere e il leggere da una parte, il parlare e l'ascoltare dall'altra, e gli elementi di ciascuna coppia sono ovviamente complementari. Infatti uno scritto è inutile senza qualcuno che lo legga e il parlare non ha alcun senso senza qualcuno che possa ascoltare. Queste quattro forme della comunicazione sono quindi coinvolte nel processo che porta una mente umana a raggiungerne un'altra e ad entrare in contatto con essa.
Il bisogno di trasmettere agli altri il proprio pensiero, le proprie idee, il proprio sapere e le proprie conoscenze ha modalità e impatti molto diversi se avviene tramite lo scrivere e il leggere o invece tramite il parlare e l'ascoltare.
Quando si comunica attraverso lo scritto è sempre possibile rivedere e migliorare il messaggio che si desidera trasmettere, così come quando si legge si può sempre tornare indietro e rileggere anche più volte lo stesso scritto fino a quando non lo si è capito perfettamente e da più punti di vista. In un certo senso vengono utilizzati dei processi che possono paragonarsi a quelli utilizzati nelle arti della pittura o della scultura i cui prodotti sono permanenti, ma durante la loro realizzazione consentono una continua riflessione, un più facile controllo da parte della mente o dell'intuito e sono rivedibili e migliorabili.
Non è così per l'arte del parlare e dell'ascoltare. La fluidità, la scorrevolezza e la velocità del linguaggio parlato non consentono di tornare indietro su ciò che si è detto. Le parole parlate, a differenza di quelle scritte, sono generalmente immutabili. Da qui nasce la grande responsabilità dell'uomo pensante e in particolare del ricercatore spirituale.
Sappiamo che il primo requisito che viene richiesto a chi con serietà di proposito vuole prepararsi ad una vera vita spirituale è il controllo e il dominio della PAROLA. Non per nulla nelle scuole occulte dell'antichità si proibiva al neofita di parlare per i primi due anni del suo ingresso. La Scienza dello Spirito ci dice che "il molto parlare non sarà senza peccato". Oggi l'umanità è diventata molto più mentale che in passato, parla molto di più e di conseguenza si sprecano fiumi di energia in parole inutili e frasi assurde e senza senso. Contrariamente a quanto si crede queste parole non sono mai innocue: esse vanno a formare e ad alimentare una gigantesca nube caotica, turbinosa, malsana e negativa, che circonda sempre di più tutto il pianeta.
La difficoltà di comprendersi è dovuta in buona parte alle limitazioni del linguaggio terreno. Se il linguaggio fosse davvero perfetto e trasparente, tanto da poter consentire a una persona di vedere nella mente di un'altra, la comunicazione umana ne risulterebbe facilitata fino a rassomigliare molto da vicino alla telepatia superiore. Purtroppo il linguaggio è spesso esattamente l'opposto, un mezzo imperfetto, nebuloso, oscuro, pieno di ambiguità e di tranelli che inducono in errori ed equivoci.
Mediante la parola il pensiero è evocato e diviene attivo sul piano fisico: "Le cose sono ciò che la Parola le fa col nominarle". Ecco perché ci viene consigliato di usare il discernimento nell'uso delle nostre parole e di ridurne il numero. Ci viene consigliato di vigilare attentamente affinché le nostre parole abbiano questi tre requisiti:
- che siano vere
- che siano amorevoli
- che siano utili
altrimenti è meglio TACERE. Soprattutto nel lavoro di Gruppo, una delle principali e più frequenti difficoltà di comprensione e di integrazione, è proprio dovuta al cattivo uso della parola.
Ma se il controllo e il dominio della parola è essenziale perché la comunicazione fra gli esseri umani possa trasformarsi in una vera comunione di anime, altrettanto importante è la pratica della "capacità di ascolto". Troppo spesso, presi dalla foga di affermare le nostre idee o di convincere gli altri su ciò che noi crediamo essere la verità, non ci rendiamo conto delle necessità di chi ci sta di fronte, non sappiamo ascoltare e non siamo capaci di metterci nei panni dell'altro, di immedesimarci in lui e di vedere le cose con i suoi propri occhi. Così la nostra comunicazione non raggiunge il piano dell'anima, si ferma al piano della personalità e non fa nascere l'armonia e l'equilibrio necessari a dar vita a un dialogo costruttivo capace di realizzare l'unità nella diversità.
Spesso nel nostro rapporto con gli altri non riusciamo a mantenerci sul piano mentale, lasciamo entrare la nostra emotività e anziché pervenire a una migliore comprensione reciproca trasformiamo il confronto in una controversia emotiva. Per dare vita a un vero dialogo evolutivo dobbiamo imparare ad esercitare alcune virtù fondamentali:
- la volontà per affrontare la fatica di rendere vere, utili e amorevoli le nostre parole;
- il controllo e la temperanza per tenere a bada la nostra emotività;
- la serenità e la giustizia per rendere retti e luminosi i nostri rapporti;
- l'amore per rendere sacra la nostra comunicazione e trasformarla in "comunione".
Molto importante è anche il suono delle parole che pronunciamo. Spesso ci troviamo di fronte a reazioni imprevedibili o a irrigidimenti che non lasciano spazio a nessun tipo di scambio e non comprendiamo che sono dovuti al tono della nostra voce piuttosto che alle parole che abbiamo utilizzato. La parola errata e il suono disarmonico e non amorevole sono separativi. Dobbiamo tenere sempre ben presente che "la parola, simbolo di unità, è divina, mentre il linguaggio con le sue molteplici differenziazioni, è umano".
Occorre comprendere l'importanza della parola, imparare come parlare e quando parlare, capire che cosa si ottiene con la parola e che cosa succede quando si parla. Non c'è vero progresso spirituale se non si impara a governare giustamente la parola. Nella manifestazione del piano fisico, siamo conosciuti per le nostre parole e per le nostre reticenze e siamo giudicati dalla qualità della nostra conversazione.
La retta parola crea forme benefiche mentre la parola errata produce forme nocive e malefiche. Se non ci rendiamo conto di ciò continueremo incessantemente e irresponsabilmente ad usare parole e moltiplicare suoni che ci circondano di una molteplicità di forme di nostra propria creazione, non sempre benefiche. Dobbiamo comprendere tutta l'importanza di riflettere prima di parlare, ricordando il comandamento che dice: "Prima di essere degno di parlare, devi pervenire alla Conoscenza".
Nel nostro vivere quotidiano dobbiamo imparare, prima di parlare, a scegliere sempre le parole giuste, adatte ad esprimere pensieri giusti; dobbiamo imparare ad usare la pronuncia corretta cercando di dare il valore conveniente e la tonalità appropriata ad ogni parola che esce dalle nostre labbra. Dobbiamo imparare a parlare e ad ascoltare i nostri fratelli dal piano della mente illuminata e dal cuore, cessando una volta per sempre ogni critica e ogni giudizio. Dobbiamo imparare a seminare intorno a noi solo benedizioni e amore e vigilare perché ogni nostro pensiero e ogni nostra parola irradi solamente equilibrio, gioia, armonia, bellezza, evoluzione.
Fonte: Associazione Pax Cultura
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