REGIONE TOSCANA
La Toscana. corrispondente all'incirca all'antica Etruria, dopo il riordinamento augusteo dell'Italia costituì la VII regione (Etruria), insieme a parte
La
Toscana. corrispondente all'incirca all'antica Etruria, dopo il riordinamento
augusteo dell'Italia costituì la VII regione (Etruria), insieme a parte
dell'Umbria e del Lazio, e sotto Diocleziano, che vi apportò lievi modifiche
territoriali, prese il nome di Tuscia e Umbria.
Occupata dai Longobardi nella seconda metà del VI sec., formò il ducato
di Tuscia (fino al 77) finché i Carolingi (774) costituirono la marca
di Toscana, con capoluogo a Lucca.
Alla morte di Bonifacio II (1052), la marca passò alla moglie Beatrice
di Lorena e da questa alla figlia Matilde,
"la Gran Contessa", che organizzò nel castello di Canossa l'incontro
tra Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV (1077).
Alla morte della contessa Matilde, questa lasciò tutti i suoi possedimenti
alla Chiesa (1115), dando inizio ad una serie di rivendicazioni da parte
degli Imperatori. L'Impero inviò infatti in Toscana una serie di suoi
rappresentanti ma, in quel periodo, numerose città toscane, prendendo
posizione contro i due contendenti, si dichiararono indipendenti e cominciarono
a reggersi con propri statuti.
Nacquero così i Comuni toscani,
divenuti poi signorie e quindi veri e propri Stati (Firenze, Siena,
Pisa, Lucca, ecc.) che fecero la vera storia della Toscana, fino alla
seconda restaurazione medicea, avvenuta nel 1530.
Tale restaurazione, dovuta a Carlo V, segnò la fine del regime repubblicano
a Firenze e diede il via alla creazione di uno Stato regionale.
Questo nuovo assetto mise profonde radici nella città e nella regione,
cancellando definitivamente lo spirito particolaristico che nella repubblica
fiorentina del 1527-1530 aveva avuto l'ultima manifestazione di rilievo.
Fu Alessandro de' Medici, duca di
Firenze dal 1532, ad iniziare l'opera di annullamento delle residue
forze signorili che avevano sostenuto la repubblica e osteggiato il
principato.
Dopo il suo assassinio (1537), Cosimo
I ne continuò e potenziò la politica, mantenendo in vita formalmente
alcuni istituti repubblicani, ma svuotandoli di fatto e sottraendoli
comunque al controllo delle grandi famiglie.
Cosimo I, che ottenne nel 1569 dal papa Pio V il titolo di Granduca
di Toscana, sviluppò la politica di consolidamento del potere di Firenze
sull'intera regione, vincendo la guerra contro Siena (1554-1555) e intervenendo
in modo determinante nella politica interna di Lucca (1546).
La repubblica di Lucca, infatti, conservò la sua autonomia ma rimase
costretta ad una limitata politica priva di sbocchi, e con essa rimasero
al di fuori del principato fiorentino Massa e Carrara, Piombino, lo
Stato dei Presidi e la contea di Pitigliano.
Sulla restante regione, il dominio di Cosimo si instaurò senza più contrasti,
con una struttura unitaria, anche se giuridicamente e amministrativamente
il territorio era diviso tra "Stato vecchio" (Firenze e i suoi territori)
e " Stato nuovo" (Siena).
Dopo la morte del Granduca, con Ferdinando I (1587-1609) si ebbe una
ripresa dell'energica politica di Cosimo I, e la Toscana e si affacciò
alla grande politica europea, tentando di sottrarsi all'egemonia spagnola,
mediante un avvicinamento alla Francia (la figlia di Francesco, Maria,
andò sposa a Enrico IV di Francia), e contrastando l'espansione dello
Stato sabaudo.
Tra il 1609 e il 1670, il granducato attraversò una fase di ristagno
e un forte indebolimento sul piano internazionale, poiché la Spagna
prese il controllo della politica estera del granducato, e sul piano
economico, l'evidente fase di regressione si accentuò sotto i due successivi
granduchi, Cosimo III (1670-1723) e Gian Gastone (1723-1737).
Con l'estinguersi della dinastia dei Medici,
la regione fu assegnata dapprima (1718) a Carlo, figlio di Filippo V
di Spagna, e passò poi sotto il dominio di Francesco Stefano di Lorena
(1737-1765), marito della futura imperatrice Maria Teresa.
Sotto la nuova dinastia, il granducato, anche se ridotto a provincia
dell'Impero austriaco, beneficiò delle riforme illuminate degli Asburgo:
furono abolite le dogane interne e l'agricoltura toscana venne fortemente
incentivata.
Occupata dalla Francia nel 1799, e poi riconquistata dagli Austriaci,
la Toscana fu assegnata, in base al trattato di Lunéville, a Ludovico
I di Borbone (1801-1803), con la denominazione di regno d'Etruria. Ma,
una volta annessa all'Impero napoleonico (1807), fu ricostituita in
granducato per Elisa Bonaparte Baciocchi (1809-1814).
La dominazione napoleonica portò riforme e miglioramenti amministrativi
fino al 1814, quando, dopo una breve occupazione da parte delle truppe
di Murat, il congresso di Vienna
restituì il granducato a Ferdinando III.
Sotto Leopoldo II (1824-1859), nonostante le pressioni reazionarie dell'Austria,
il clima tollerante fece della Toscana un rifugio per gli esuli politici
degli altri Stati italiani, ed il centro di un movimento liberale riformatore.
Nel 1848, dopo l'instaurazione del regime costituzionale, il granduca
Leopoldo II dovette permettere la partecipazione delle sue truppe regolari
e di volontari alla prima guerra d'Indipendenza
contro l'Austria. Dopo il fallimento della campagna militare, però,
si ebbe anche in questa regione l'affacciarsi di un forte movimento
democratico ed un nuovo ministero chiese la convocazione di un'assemblea
costituente nazionale a Roma.
Dopo l'intervento delle armi austriache (luglio 1849), avvenne però
la rottura della collaborazione tra i moderati e il granduca; e presero
quindi forza le correnti filosabaude, che facevano capo alla Società
nazionale di La Farina, da una parte, e, dall'altra, i gruppi mazziniani.
Con la guerra del 1859, il dominio di Leopoldo fu però investito da
una crisi definitiva, che portò il reggente all'esilio (27 aprile 1859),
mentre a Firenze il governo provvisorio di Ubaldino Peruzzi offrì la
regione alla dittatura a Vittorio Emanuele
II.
Vittorio Emanuele accettò, per ragioni di politica internazionale, solo
il protettorato e, in seguito all'armistizio di Villafranca, impose
la monarchica sabauda, definita il 15 marzo 1860 dal plebiscito che
scelse Vittorio Emanuele II.