L'emigrazione degli italiani durante il fascismo
societa
10 Ottobre 2009 amministratore

L'emigrazione degli italiani durante il fascismo

Filosofia razionalista Corrente filosofica nata alla fine del XVII secolo, in cui la ragione era l'unico mezzo per l'analisi della realtà delle cose.

Chiaramente, tuttavia, era impensabile che una simile linea politica potesse essere applicata negli Stati Uniti, che non avrebbero mai potuto accettare che l'emigrazione italiana avvenisse, "sotto la sovranità nazionale".

Per questa ragione, un secondo motivo di attrito venne a crearsi fra Roma e Washington relativamente alla naturalizzazione degli "italiani" residenti nella Federazione. Mentre il governo americano sosteneva che le persone emigrate, ormai cittadini americani, dovessero avere obbligo esclusivo di fedeltà agli Stati Uniti, l'Italia riconosceva l'espatrio solo entro certi limiti, che assicurassero una continuità di dipendenza dalla madre Patria. Ad esempio, il neo cittadino americano, pur essendo riconosciuto come tale dal governo italiano, non era per questo esentato dal servizio militare in Italia.

Più volte l'ambasciata di Washington sollecitò Mussolini a chiarire in modo definitivo il problema. Nel maggio 1928, il duce rilasciò alla stampa americana alcune formali dichiarazioni sul disinteresse del governo fascista per i naturalizzati americani, che erano ormai considerati "stranieri a tutti gli effetti e legati alla madre patria da vincoli puramente spirituali". Ma, in contrasto con tali affermazioni, peraltro ribadite al Senato nel giugno successivo, veniva emanato un decreto che sanciva esplicitamente che, a prescindere dal Paese di residenza, un cittadino italiano doveva rimanere tale fino alla settima generazione.

Tale provvedimento provocò enorme scalpore nella stampa americana di ispirazione antifascista.

In realtà, questo altro non era che un pretesto per mascherare l'intenzione del governo fascista, di non perdere neppure uno dei suo "figli", nel quadro di una politica nazionalistica ed espansionistica.

In ogni caso, in America, il problema della naturalizzazione veniva ad assumere un'importanza particolare, per motivi etnici e politici. I conservatori più intransigenti, preoccupati di salvaguardare l'omogeneità della Federazione, auspicavano una rapida integrazione di quei gruppi che mantenevano ancora relazioni con la madre Patria.

Al problema della naturalizzazione, si innestava poi inevitabilmente l'attività dei Fasci all'estero.

A prescindere da questi conflitti "ideologici", peculiari soprattutto degli Stati Uniti. era comunque inevitabile che la politica del duce, contraria all'emigrazione e volta al contempo ad incoraggiare un'alta natalità, sfociasse in un'esplosione demografica, la cui unica soluzione sarebbe stata la ricerca di nuove terre da colonizzare.

Per concludere, indubbiamente le misure prese dal governo americano in campo migratorio, contribuirono a rendere il cronico problema demografico più urgente e più grave. Ma è altrettanto scontato, che esse non costituirono altro che un pretesto per quell'ansia di espansionismo, che costituiva una delle componenti essenziali dell'ideologia fascista.

 

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