L'emigrazione degli italiani durante il fascismo
Fidando in questa seconda tendenza, gli italiani si illudevano che le restrizioni del 1921 non fossero che misure transitorie e che presto gli americani, "trovandosiFidando in questa seconda tendenza, gli italiani si illudevano che le restrizioni del 1921 non fossero che misure transitorie e che presto gli americani, "trovandosi a corto di braccia per i lavori agricoli ed edili, sarebbero stati indotti a riconoscere l'errore commesso ed a porvi riparo".
Nei primi mesi di governo, Mussolini non perse occasione per sottolineare a Washington l'importanza di una collaborazione in campo migratorio e tentò di rimuovere, almeno formalmente, ogni possibile motivo di diffidenza degli americani.
Alla tradizionale eccedenza
di manodopera si aggiungeva infatti una questione di ordine contingente,
nel senso che una liberalizzazione delle quote di immigranti ammesse
negli Stati Uniti avrebbe consentito di attutire l'impatto del programma
fascista per una riduzione degli effettivi sia nei servizi pubblici
che nell'esercito.
Ad alimentare le illusioni di Roma, giunsero, ai primi di novembre del
1922 le dichiarazioni del Segretario di Stato al Tesoro, il quale, "constatato
il rincaro del costo della vita, provocato dalla penuria di manodopera,
auspicava una modifica delle restrizioni all'immigrazione, che permettesse
l'ingresso negli Stati Uniti di un maggior numero di lavoratori, limitando,
al contempo, l'introduzione di immigranti non lavoratori".
Mussolini non perse tempo
per sfruttare l'apertura di Washington.
Il giorno immediatamente successivo, convocò i rappresentanti
della stampa americana a Roma e, dilungandosi sui benefici effetti che
avrebbero potuto derivare da una combinazione del capitale americano
e del lavoro italiano, concordò pienamente sulla opportunità
di una emigrazione selettiva. In quest'ottica, egli suggeriva che la
quota di immigranti italiani negli Stati Uniti venisse aumentata dalle
attuali 42.000 unità alle 100.000 unità annue.
L'efficacia della linea seguita dal duce sembrò
confortata da una comunicazione "riservata" da Washington,
secondo la quale il presidente Harding sarebbe stato sul punto di chiedere
al Congresso "l'ammissione di lavoratori qualificati dei quali
gli Stati Uniti sentivano fortemente la necessità".