Le origini del dialetto marchigiano
Le origini del dialetto marchigiano
10 Ottobre 2009 amministratore

Le origini del dialetto marchigiano

Avendo la Marche subito una colonizzazione diversificata ed i più riprese, il dialetto marchigiano ha seguito distinte linee di sviluppo, dando vita ad un panorama linguistico ricco e multiforme.

Avendo la Marche subito una colonizzazione diversificata ed i più riprese, il dialetto marchigiano ha seguito distinte linee di sviluppo, dando vita ad un panorama linguistico ricco e multiforme.

Grossomodo il territorio delle Marche si può dividere in quattro aree linguistiche:

    - la provincia di Pesaro, il nord e la parte costiera di Ancona, appartenenti al ceppo gallo-italico, con una lingua collegata al romagnolo.

    - Il resto della provincia di Ancona e Macerata, che costituiscono il centro dei dialetti marchigiani, strettamente connessi a quelli umbri.

    - La zona circostante Camerino, che conserva, invece, un tipo di dialetto più arcaico in cui si mantiene la "-u" finale, senza confondersi con la "-o", come in "lu monnu", il mondo, dal latino "mundus".

    - La provincia di Ascoli Piceno, in cui l'umbro è stato influenzato dall'abruzzese.

Bisogna inoltre sottolineare che alcune forme di origine veneta si trovano nelle città di mare e nei porti, come Senigallia ed Ancona.

I termini gallo-italici si distinguono per la presenza dei suoni "ü" e "ö"; dalla caduta di alcune vocali, come in "stimana" per settimana; per l'inversione (metatesi) della consonante tonica, come in "arpià" per "ripigliare", "arcudà" per "ricordare"; per la caduta di alcune vocali, come in "pover" per "povero", "pranz" per "pranzo"; per il cambiamento (lenizione) della vocale sorda, come in "segondu" per "secondo", "diga" per "dica", "figu" per "fico"; l'alterazione di tutte le vocali doppie.

Nel secondo tipo di dialetto, data la sua ristrettezza, è difficile stabilire delle regole precise, ma abbiamo alcuni caratteri specifici, come il cambio di "i" in "e" e viceversa, come in "pelo" al plurale "pijie", "pegno" al pl. "pigne"; "vetro" al pl. "vitre"; nei verbi, come in "meto" (mietere), che in seconda persona diviene "tu miete"; il cambio "uo" in "o", così "buono" e "bona", "posso" e "puoe". Un'altra particolarità è l'assimilazione delle lettere, così caldo diviene "callo", grande "granne", quando "quanno", etc.
Nelle iniziali in "g" si hanno inoltre delle variazioni, così "gioventù" diventa "gioentù", ad Ancona, ma a Macerata "giovanotti" diviene "gghioenotti", con un rafforzamento del suono duro "g".

Nel territorio intorno a Camerino, invece, il dialetto marchigiano si mantiene più puro, con al sua caratteristica finale in "u". Si ha inoltre un passaggio della "e" chiusa in "a", come in "male" per "mela", e della "o" in "e", come in "fiere" per "fiore". A Montalto, invece la "e" chiusa passa in "ai", si ha quindi "maila" per "mela".

Per quel che riguarda il vocabolario, la situazione del marchigiano è piuttosto composita. Citiamo alcuni esempi: nella prima zona si ha "bagé" per maiale; "butrigò" per precipizio; ad Ancona si ha "impalichì" per appisolarsi; "strofu" per cencio; a Macerata, "curtina" è podere; "sarvai" è imbuto; ad Ascoli Piceno, "furia" vuol dire "molto"; "fracchia" fango; "rua", dal francese "rue", significa "via".

 

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