La vita quotidiana nella Roma Antica
L'istruzione Bassorilievo scuola
L'istruzione
Bassorilievo scuola
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L'istruzione, come molti altri aspetti della vita dei romani, era legata
alla classe sociale di appartenenza. Le famiglie meno agiate non potevano
permettersi, di far studiare i figli, che quindi, sin dalla primissima
infanzia, si dedicavano al lavoro nei campi. Comunque, in generale,
i bambini imparavano nozioni, necessarie alla vita di tutti i giorni,
relative soprattutto all'agricoltura ed all'allevamento.
Nel bassorilievo ritratto nella foto, uno schiavo greco impartisce lezioni
ai figli dei suoi padroni
Presso le famiglie più agiate, verso i sei anni, i bambini venivano
avviati, dal padre, alla lettura, alla scrittura, alla grammatica, all'aritmetica
ed alla storia. Si trattava di nozioni elementari, funzionali alla vita
quotidiana ed ispirate al famoso pragmatismo romano. La storia veniva
tramandata oralmente di padre in figlio. La poesia non era studiata,
né vi erano poeti latini; semmai, presso le famiglie patrizie,
i ragazzi imparavano il greco e la lirica greca. Scarse le nozioni di
medicina: le malattie, secondo gli antichi romani, erano causate dagli
dei, per cui a loro bisognava rivolgersi per la guarigione!
Quando non studiavano, i ragazzi andavano a lavorare nei campi, seguendo
la strada dei propri avi.
La formazione del ragazzo si completava nell'esercito. All'età
di sedici anni i maschi erano chiamati a prestare, per diversi anni,
servizio sotto le armi, premessa indispensabile per accedere alla pubblica
carriera.
L'istruzione nell'età imperiale (dal II° secolo d.C.).
Pallottoliere romano
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I genitori delle famiglie agiate non si occupano più dell'istruzione
dei propri figli: appena nati, i bambini vengono affidati ad una nutrice,
greca, se possibile (per far imparare fin da piccolissimi questa lingua
importantissima, la cui conoscenza era anche un segno di distinzione
sociale).
Verso i sette anni, bambini e bambine imparavano a leggere e scrivere
da un maestro personale, anche in questo caso si prediligevano schiavi
colti, d'origine greca. Tra i 12 ed i 15 anni le donne smettevano di
studiare, per sposarsi.
Il pallottoliere, con cui i bambini romani imparavano l'aritmetica
I ragazzi invece proseguivano gli studi, concentrandosi su: la storia,
la retorica, la letteratura classica (greca ovviamente!). Era, questa,
una fase formativa, importante per l'inserimento del giovane nella società
e nel ceto di appartenenza. Frequentare il foro, i ginnasi, le palestre,
i bagni pubblici, il circo, il teatro, le associazioni (collegia juvenum)
di maschi adulti faceva parte degli "studi", in quanto si
stringevano amicizie politiche, rilevanti per il futuro.
A questa fase, ne seguiva un'ulteriore, consistente nell'apprendimento
di professioni: quella dell'avvocato era la più richiesta.
I ceti poveri, invece, spesso non potevano permettersi una nutrice,
e la madre si occupava dei figli, fin dalla loro nascita. Verso i sette
anni, i bambini venivano mandati in scuole elementari, gestite da un
maestro, scarsamente pagato dai genitori. Queste scuole accoglievano
bambini, maschi e femmine, d'età compresa fra i sette ed i dodici
anni. Si trattava di luoghi malsani, ove si prediligeva un apprendimento
nozionistico ed essenziale, al fine di ultimare in fretta "l'istruzione"
dei figli, per poterli inserire il più presto possibile nel lavoro.